Abstract
Jean Paul Marat, allo scoppio della rivoluzione un medico sulla quarantina che era stato anche scrittore su temi politici e scientifici, ambizioso e audace ma controverso e non del tutto riuscito, divenne famoso dopo il 1789 per il suo giornale L’Ami du peuple. Fu uno dei primi giornalisti a rivolgersi direttamente ai sans-culottes sia per la sua posizione di difensore che per la violenza del suo linguaggio e delle sue proposte; il suo appello era democratico ma anche estremamente rivoluzionario; invocava continuamente il sangue dei nemici del popolo e si costruì la reputazione di essere in anticipo sul campo con denunce di leader che dovevano cadere in disgrazia. Fu senza dubbio una forza nella rivoluzione, e fu molto imitato, per esempio da Jacques Hébert, creatore di Père Duchesne. Dopo il suo assassinio da parte di Charlotte Corday il 13 luglio 1793, Marat divenne uno di quei martiri rivoluzionari il cui culto esprimeva il genuino fervore rivoluzionario dei sans-culottes nei loro grandi giorni in cui si doveva fare i conti con il loro potere. Marat scomparve dalla scena quando quel potere era ancora in ascesa, ed è impossibile dire come avrebbe risposto ai problemi che esso comportava. La selezione che segue è la n. 667 de L’Ami du peuple del 7 luglio 1792, tradotta da Oeuvres de Marat (L’Ami du peuple) recueillies et annotées par A. Vermorel (Paris, 1869), pp. 203-210. I primi due paragrafi, che sono introduttivi, sono stati omessi.