Ayrton Senna

Guidava come un uomo posseduto – alcuni pensavano dai demoni. La sua ambizione spietata provocò la condanna dei critici, tra cui Prost che lo accusò di preoccuparsi più di vincere che di vivere. Quando Senna rivelò di aver scoperto la religione, Prost e altri suggerirono che era un pazzo pericoloso che pensava che Dio fosse il suo copilota. “Senna è un genio”, disse Martin Brundle. “Definisco il genio come il giusto lato dello squilibrio. È così altamente sviluppato al punto che è quasi oltre il limite.

Anche Senna ha confessato di aver occasionalmente esagerato, come nel caso delle qualifiche del Gran Premio di Monaco del 1988, dove è diventato un passeggero in un viaggio surreale verso l’ignoto. Già in pole, è andato sempre più veloce e alla fine era più di due secondi più veloce di Prost in una McLaren identica. “Improvvisamente, mi ha spaventato”, ha detto Ayrton, “perché mi sono reso conto che ero ben oltre la mia comprensione cosciente. Tornai lentamente ai box e non uscii più quel giorno.”

Diceva di essere profondamente consapevole della propria mortalità e usava la paura per controllare l’estensione dei confini che si sentiva obbligato a esplorare. Infatti, considerava le corse come una metafora della vita e usava la guida come un mezzo per scoprire se stesso. “Per me, questa ricerca è affascinante. Ogni volta che mi spingo, trovo sempre qualcosa di più. Ma c’è una contraddizione. Nello stesso momento in cui diventi il più veloce, sei enormemente fragile. Perché in una frazione di secondo, tutto può sparire. Tutto. Questi due estremi contribuiscono a conoscere se stessi, sempre più a fondo”.

Il suo auto-assorbimento non escludeva sentimenti profondi per l’umanità e si disperava per i mali del mondo. Amava i bambini e ha dato milioni della sua fortuna personale (stimata in 400 milioni di dollari quando è morto) per aiutare a fornire un futuro migliore ai diseredati in Brasile. All’inizio del 1994 parlò del suo futuro. “Voglio vivere pienamente, molto intensamente. Non vorrei mai vivere parzialmente, soffrendo di malattie o ferite. Se mai mi capiterà di avere un incidente che alla fine mi costerà la vita, spero che accada in un istante”.

E così è stato, il 1 maggio 1994, nel Gran Premio di San Marino, dove la sua Williams, in testa alla gara, uscì inspiegabilmente dalla pista di Imola e colpì il muro di cemento alla curva del Tamburello. Milioni lo videro accadere in televisione, il mondo pianse la sua scomparsa e il suo funerale di stato a San Paolo fu frequentato da molti membri della comunità di Formula Uno sconvolta. Tra i vari piloti che scortavano la bara c’era Alain Prost. Tra le persone in lutto c’era Frank Williams, che ha detto: “Ayrton non era una persona comune. Era davvero un uomo più grande fuori dalla macchina che dentro.”

Testo – Gerald Donaldson

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