Tra il 1869 e il 1895, Emilio fu imprigionato due volte per aver contribuito a fomentare una serie di ribellioni armate contro la Spagna, l’ultima delle quali gli storici si riferiscono generalmente alla guerra ispano-americana, anche se, come ricorda il Sig. Gjelten ci ricorda che furono i cubani a fare la maggior parte dei combattimenti.
Nel 1922, José Bosch, un ex playboy festaiolo conosciuto come Pepín che aveva sposato la famiglia Bacardí, divenne un dirigente di Bacardi e iniziò la sua ascesa alla leadership dell’azienda. Come osserva il signor Gjelten, il “Cuba libre” era ormai passato “dall’essere una causa all’essere un cocktail” composto da rum Bacardi e cola con lime.
In linea con la tradizione della famiglia Bacardí, il signor Bosch sostenne attivamente le insurrezioni armate contro quelli che considerava governi fantoccio corrotti degli Stati Uniti, in particolare i regimi dell’ex impiegato dell’esercito Fulgencio Batista, che si alleava con gli interessi di gioco della mafia.
Negli anni ’50, il signor Bosch divenne uno schietto sostenitore finanziario di Fidel Castro a causa della sua inimicizia verso Batista e perché il giovane Castro si promuoveva come un riformatore liberale piuttosto che un rivoluzionario comunista in stile sovietico.
La centenaria associazione dei Bacardí con Cuba fu interrotta nell’autunno del 1960, quando Castro espropriò la compagnia del rum insieme ad altre 300 imprese private. Fortunatamente, il signor Bosch aveva avuto la preveggenza di stabilire una distilleria di rum a Porto Rico nel 1937; quell’avamposto e le entità aziendali registrate a New York, Miami, Bahamas e Bermuda diedero a Bacardi le basi su cui ricostruire e crescere ancora più prospera come azienda a conduzione familiare e completamente globalizzata. Nel 1980, Bacardi rappresentava i due terzi delle vendite di rum in tutto il mondo.
Nel frattempo, il signor Bosch e vari altri membri della famiglia Bacardí, in particolare Jorge Mas Canosa, un magnate delle costruzioni e propagandista di Miami, guidarono gli sforzi degli esuli cubani per deporre Castro. Le loro attività, scrive il signor Gjelten, andavano dalla partecipazione all’invasione della Baia dei Porci e al finanziamento di missioni altrettanto sfortunate per bombardare le raffinerie di petrolio cubane, alla spesa di oltre 3 milioni di dollari in lobbisti e contributi a personaggi come l’ex rappresentante degli Stati Uniti Tom DeLay del Texas per promuovere iniziative commerciali e politiche anti-Castro.