Sviluppo del concetto di energia
Il termine energia non è stato applicato come misura della capacità di fare lavoro fino a piuttosto tardi nello sviluppo della scienza della meccanica. Infatti, lo sviluppo della meccanica classica può essere realizzato senza ricorrere al concetto di energia. L’idea di energia, tuttavia, risale almeno a Galileo nel XVII secolo. Egli riconobbe che, quando un peso viene sollevato con un sistema di carrucole, la forza applicata moltiplicata per la distanza attraverso la quale quella forza deve essere applicata (un prodotto chiamato, per definizione, il lavoro) rimane costante anche se entrambi i fattori possono variare. Il concetto di vis viva, o forza viva, una quantità direttamente proporzionale al prodotto della massa e del quadrato della velocità, fu introdotto nel XVII secolo. Nel XIX secolo il termine energia fu applicato al concetto di vis viva.
La prima legge del moto di Isaac Newton riconosce la forza come associata all’accelerazione di una massa. È quasi inevitabile che l’effetto integrato della forza che agisce sulla massa sia quindi interessante. Naturalmente, ci sono due tipi di integrale dell’effetto della forza che agisce sulla massa che possono essere definiti. Uno è l’integrale della forza che agisce lungo la linea d’azione della forza, o l’integrale spaziale della forza; l’altro è l’integrale della forza nel tempo della sua azione sulla massa, o l’integrale temporale.
La valutazione dell’integrale spaziale porta a una quantità che viene ora presa per rappresentare il cambiamento di energia cinetica della massa risultante dall’azione della forza ed è solo la metà del vis viva. D’altra parte, l’integrazione temporale porta alla valutazione del cambiamento di quantità di moto della massa risultante dall’azione della forza. Per qualche tempo ci fu un dibattito su quale integrazione portasse alla giusta misura della forza, il filosofo-scienziato tedesco Gottfried Wilhelm Leibniz sostenendo l’integrale spaziale come unica vera misura, mentre prima il filosofo e matematico francese René Descartes aveva difeso l’integrale temporale. Alla fine, nel XVIII secolo, il fisico francese Jean d’Alembert dimostrò la legittimità di entrambi gli approcci per misurare l’effetto di una forza che agisce su una massa e che la controversia era solo una questione di nomenclatura.
Per ricapitolare, la forza è associata all’accelerazione di una massa; l’energia cinetica, o energia risultante dal movimento, è il risultato dell’integrazione spaziale di una forza che agisce su una massa; la quantità di moto è il risultato dell’integrazione temporale della forza che agisce su una massa; l’energia è una misura della capacità di compiere lavoro. Si potrebbe aggiungere che la potenza è definita come la velocità temporale con cui l’energia viene trasferita (a una massa mentre una forza agisce su di essa, o attraverso le linee di trasmissione dal generatore elettrico al consumatore).
La conservazione dell’energia (vedi sotto) fu riconosciuta indipendentemente da molti scienziati nella prima metà del XIX secolo. La conservazione dell’energia come energia cinetica, potenziale ed elastica in un sistema chiuso sotto l’ipotesi di assenza di attrito ha dimostrato di essere uno strumento valido e utile. Inoltre, ad un esame più attento, l’attrito, che serve come limite alla meccanica classica, si trova ad esprimersi nella generazione di calore, sia sulle superfici di contatto di un blocco che scorre su un piano o nella massa di un fluido in cui gira una paletta o in una qualsiasi delle altre espressioni di “attrito”. Il calore fu identificato come una forma di energia dal tedesco Hermann von Helmholtz e dall’inglese James Prescott Joule negli anni 1840. Joule dimostrò anche sperimentalmente la relazione tra energia meccanica e calore in questo periodo. Quando si resero necessarie descrizioni più dettagliate dei vari processi in natura, l’approccio fu quello di cercare teorie razionali o modelli per i processi che permettessero una misura quantitativa del cambiamento energetico nel processo e poi di includerlo e il relativo bilancio energetico all’interno del sistema di interesse, soggetto alla necessità generale della conservazione dell’energia. Questo approccio ha funzionato per l’energia chimica nelle molecole di combustibile e ossidante liberate dalla loro combustione in un motore per produrre energia termica che successivamente viene convertita in energia meccanica per far funzionare una macchina; ha funzionato anche per la conversione della massa nucleare in energia nei processi di fusione e fissione nucleare.