Partenza di Marguerite LouiseEdit
Ferdinando II morì il 23 maggio 1670 di apoplessia e idropisia e fu sepolto nella Basilica di San Lorenzo, la necropoli medicea. Al momento della sua morte, la popolazione del granducato era di 720.594 anime; le strade erano ricoperte d’erba e gli edifici sull’orlo del collasso a Pisa, mentre Siena era praticamente abbandonata.
La granduchessa Margherita Luisa e la granduchessa vedova Vittoria si contendevano il potere. La vedova, dopo una lunga battaglia, trionfò: Il Granduca assegnò a sua madre l’amministrazione quotidiana dello stato. Cosimo III iniziò il suo regno con il massimo fervore, cercando di salvare l’erario che stava affondando e permettendo ai suoi sudditi di presentare una petizione di arbitrato nelle dispute. La novità, tuttavia, svanì presto. Vittoria, avendo Cosimo perso il suo gusto per l’amministrazione, fu ulteriormente autorizzata dall’ammissione alla Consulta Granducale (Consiglio Privato). Marguerite Louise, privata di qualsiasi influenza politica, si occupò dell’educazione del principe Ferdinando e litigò con Vittoria per la precedenza, il che non fece che accaparrarsi ulteriormente Cosimo dalla parte della madre. In mezzo a tutto questo, nel primo anniversario della morte di Ferdinando II, Gian Gastone nacque alla coppia granducale.
Marguerite Louise finse una malattia all’inizio del 1672: Luigi XIV mandò Alliot le Vieux, medico personale di Anna d’Austria, a curarla. Il dottor Alliot, a differenza di Saint-Mesmeê, non si adeguò al piano di Marguerite Louise di essere inviata in Francia, apparentemente per le acque termali per migliorare la sua “malattia”. In dicembre andò in pellegrinaggio a Villa di Pratolino – non tornò più. Margherita Luisa, invece di tornare a Firenze, scelse di vivere in semi-ritiro a Poggio a Caiano. Il Granduca alla fine acconsentì, ma temeva che potesse fuggire, così non le fu permesso di uscire senza il suo permesso e quando andava a cavallo doveva essere scortata da quattro soldati. Anche tutte le porte e le finestre della villa dovevano essere messe in sicurezza. La saga tra i due continuò fino al 26 dicembre 1674, dopo che tutti i tentativi di conciliazione fallirono, un Cosimo assediato accettò di permettere alla moglie di partire per il convento di Montmartre, in Francia. Il contratto firmato quel giorno rinunciava ai suoi diritti di principessa del sangue e con essi alla dignità di Altezza Reale. Cosimo le concesse una pensione di 80.000 lire come risarcimento. Partì il giugno successivo, dopo aver spogliato Poggio a Caiano di tutti gli oggetti di valore.
La persecuzione degli ebrei e la successione dei Lorena
Senza Marguerite Louise ad occupare le sue attenzioni, Cosimo si dedicò alla persecuzione della popolazione ebraica della Toscana. I rapporti sessuali tra ebrei e cristiani furono proibiti, e con una legge promulgata il 1° luglio 1677, i cristiani non potevano lavorare negli stabilimenti di proprietà degli ebrei. Se lo facevano a prescindere, si incorreva in una multa di 50 corone; se la persona in questione non aveva fondi sufficienti, era passibile di tortura alla ruota; e se era ritenuta inadatta alla tortura, era sostituita da una pena di quattro mesi di prigione. L’elenco antisemita fu completato da ulteriori dichiarazioni il 16 giugno 1679 e il 12 dicembre 1680 che proibivano agli ebrei, rispettivamente, la visita alle prostitute cristiane e la coabitazione.
Nel frattempo, in Lorena, Carlo V era senza un erede e Margherita Luisa, come figlia di una principessa lorenese, delegò il diritto di succedere al ducato al suo figlio maggiore, Ferdinando. Il granduca Cosimo cercò di far riconoscere suo figlio a livello internazionale come erede legittimo, ma senza successo. Leopoldo I, imperatore del Sacro Romano Impero, appoggiò la pretesa di Cosimo, non volendo vedere la Lorena tornare alla Francia. I trattati di Nijmegen, che conclusero la guerra franco-olandese, non diedero l’approvazione alle ambizioni di Cosimo, come egli desiderava. La questione lorenese si concluse con la nascita di un figlio di Carlo V nel 1679, ponendo fine al sogno di Cosimo di un ramo cadetto dei Medici, sogno che sarebbe stato rilanciato nel 1697 dal matrimonio di Gian Gastone con un’ereditiera.
1679-1685Modifica
Cosimo si teneva informato sulla condotta della moglie in Francia tramite l’emissario toscano Gondi. Marguerite Louise chiedeva spesso più soldi al granduca, mentre lui era scandalizzato dal suo comportamento: si era messa con uno stalliere di nome Gentilly. Nel gennaio 1680 la badessa di Montemarte chiese a Cosimo di pagare la costruzione di un bacino idrico, a seguito di uno scandalo al convento: La granduchessa aveva posto la cesta del suo cane domestico in prossimità del fuoco, e la cesta prese fuoco, ma invece di cercare di spegnerla, esortò le sue compagne suore a fuggire per salvarsi. In precedenti occasioni, aveva esplicitamente dichiarato che avrebbe dato fuoco al convento se anche la badessa non fosse stata d’accordo con lei, facendo sì che la badessa considerasse l’incidente come intenzionale. Cosimo, incapace di fare molto altro per paura di turbare Luigi XIV, la rimproverò in una serie di lettere. Un altro scandalo scoppiò quell’estate, la granduchessa fece il bagno nuda, come era abitudine, in un fiume locale. Cosimo esplose di rabbia quando lo seppe. Luigi XIV, stanco delle petizioni di Firenze, replicò: “Poiché Cosimo aveva acconsentito al ritiro di sua moglie in Francia, aveva praticamente rinunciato a ogni diritto di interferire nella sua condotta”. Dopo il rifiuto di Luigi XIV, Cosimo si ammalò gravemente, solo per essere svegliato da Francesco Redi, il suo medico, che lo aiutò a riformare i suoi modi in modo che la malattia non lo colpisse più. Fu dopo questo evento che Cosimo smise finalmente di preoccuparsi della vita della granduchessa. Nel 1682 Cosimo III nominò suo fratello, Francesco Maria de’ Medici, governatore di Siena.
Il Sacro Romano Imperatore chiese la partecipazione di Cosimo alla Grande Guerra Turca. All’inizio resiste, ma poi invia una partita di munizioni a Trieste e si offre di unirsi alla Lega Santa. Questi sconfissero i turchi nella battaglia di Vienna nel settembre 1683. Per lo sgomento di Cosimo, “molti scandali e disordini continuavano a verificarsi in materia di rapporti carnali tra ebrei e donne cristiane, e soprattutto di mettere i loro bambini fuori per essere allattati da balie cristiane”. Il Granduca, volendo completare il personaggio di “nemico degli eretici” che aveva acquisito dopo Vienna, mise fuori legge la pratica degli ebrei che usavano balia cristiana e dichiarò che se un padre cristiano desiderava far allattare il suo bambino mezzo ebreo da una balia cristiana doveva prima richiedere un permesso scritto al governo. Inoltre, le esecuzioni pubbliche aumentarono a sei al giorno. Gilbert Burnet, vescovo di Salisbury e famoso memorialista, visitò questa Firenze nel novembre del 1685, di cui scrisse che “è molto affondata da quello che era, perché non si calcola che ci siano cinquantamila anime in essa; gli altri stati, che una volta erano grandi repubbliche, come Siena e Pisa, mentre conservavano la loro libertà, ora sono ridotti quasi a niente…”
Matrimonio del Gran Principe FerdinandoEdit
Cosimo organizzò un matrimonio per suo figlio maggiore, Ferdinando, nel 1686. Egli lo spinse al matrimonio poiché gli altri principi toscani, Francesco Maria de’ Medici e Gian Gastone de’ Medici, erano malati e non potevano avere figli. I principali pretendenti erano: Violante di Baviera, una principessa bavarese, Isabella Luisa del Portogallo (l’ereditiera-apparente del Portogallo), e le figlie dell’Elettore Palatino.
Le trattative con i portoghesi furono intense, ma si arenarono su alcune clausole: Ferdinando e Isabella Luisa avrebbero vissuto a Lisbona, Ferdinando avrebbe rinunciato al suo diritto al trono di Toscana a meno che il padre dell’Infanta, re Pietro II, non si fosse risposato e non avesse avuto figli maschi, e se Isabella Luisa fosse diventata regina del Portogallo e Cosimo III, Gian Gastone e Francesco Maria fossero morti senza eredi maschi, la Toscana sarebbe stata annessa al Portogallo. Gli occhi di Cosimo cadono ora su Violente di Baviera. Scegliere lei avrebbe rafforzato i legami tra la Francia – dove la sorella di Violente era la delfina – e la Baviera. C’era solo un ostacolo: Ferdinando II, il padre di Cosimo, consigliò imparzialmente al padre di Violente, Ferdinando Maria, di investire un’enorme somma in una banca. Poco dopo che l’Elettore aveva depositato la somma, la banca crollò. Ferdinando Maria aveva ancora dei sentimenti dolenti; Cosimo acconsentì alla riduzione della sua dote di conseguenza per rimborsare l’Elettore. Ferdinando non era impressionato da sua moglie. Violente, tuttavia, elettrizzò il granduca. Egli scrisse: “Non ho mai conosciuto, né credo che il mondo possa produrre, una disposizione così perfetta…”
Altezza RealeModifica
Il duca Vittorio Amedeo II di Savoia si procurò lo stile di Altezza Reale dalla Spagna e dal Sacro Romano Impero nel giugno 1689, facendo infuriare il granduca Cosimo, che si lamentò a Vienna che un duca era uno status inferiore a un granduca, e lo proclamò “ingiustamente esaltato….poiché la Casa Savoia non era aumentata al punto di competere con i re, né la Casa dei Medici era diminuita in splendore e possedimenti, quindi non c’era motivo di promuovere l’uno e degradare l’altro”. Cosimo giocò anche su tutte le volte che la Toscana fornì assistenza finanziaria e militare all’Impero. L’imperatore, ansioso di evitare attriti, suggerì che Anna Maria Luisa sposasse l’Elettore Palatino per compensare l’affronto. L’Elettore Palatino, due anni dopo, alcuni mesi prima del suo matrimonio con Anna Maria Luisa, si preoccupò di acquisire il suddetto stile per Cosimo e la sua famiglia, nonostante non avessero alcuna pretesa su alcun regno. D’ora in poi, Cosimo fu Sua Altezza Reale Il Serenissimo Granduca di Toscana.
1691-1694Edit
Louis XIV era arrabbiato per il matrimonio di Anna Maria Luisa con il suo nemico giurato. Cosimo, dopo molte insistenze, lo convinse del contrario. Il 9 ottobre 1691, Francia, Inghilterra, Spagna e Province Unite garantiscono la neutralità del porto toscano di Livorno. L’Impero, nel frattempo, cercava di estorcere a Cosimo i diritti feudali e gli ordinava di allearsi con l’Austria. Il Granduca rispose che se lo avesse fatto la Francia avrebbe inviato una flotta navale da Tolone per occupare il suo stato; l’imperatore accettò con riluttanza questa scusa. La Toscana non era sola nei suoi legami feudali con l’Impero: Anche il resto d’Italia era tenuto a pagare l’imperatore, ma in misura molto maggiore di Cosimo, che si limitava a pagare sui suoi pochi e indiscussi feudi imperiali.
Cosimo, non avendo molto altro da fare, istituì altre leggi morali. Ai giovani uomini non era permesso “entrare nelle case per fare l’amore con le ragazze, e farle gingillare alle porte e alle finestre, è un grande incentivo a stupri, aborti e infanticidi…” Se un uomo non si adeguava, era passibile di ricevere enormi multe. Questo coincideva con una nuova ondata di tasse che ristagnava l’economia già in declino della Toscana. Harold Acton racconta che una balla di lana “inviata da Livorno e Cortona doveva passare attraverso dieci dogane intermedie”. Il Granduca supervisionò l’istituzione dell’Ufficio della Pubblica Decenza, il cui scopo era anche quello di regolare la prostituzione. Le prostitute venivano spesso rinchiuse per anni nelle Stinche, una prigione per le donne di quella professione, con poco cibo, se non potevano permettersi le multe imposte loro dall’Ufficio della Pubblica Decenza. Permessi serali ed esenzioni erano disponibili per coloro che erano disposti a pagare sei corone al mese.
Cosimo fece risorgere una legge della reggenza di suo padre che proibiva agli studenti di frequentare l’università fuori dalla Toscana, rafforzando così la presa dei Gesuiti sull’istruzione. Un contemporaneo scrisse che non un solo uomo a Firenze sapeva leggere o scrivere il greco, in netto contrasto con quelli della vecchia repubblica. In una lettera datata 10 ottobre 1691, il segretario personale di Cosimo scrisse: “Per espresso ordine del Serenissimo Maestro devo informare le Vostre Eccellenze che Sua Altezza non permetterà a nessun professore della sua università di Pisa di leggere o insegnare, in pubblico o in privato, per iscritto o a voce, la filosofia di Democrito, o degli atomi, o qualsiasi altra tranne quella di Aristotele.”
Ferdinando e Violante, nonostante fossero sposati da oltre cinque anni, non avevano prodotto alcun figlio a partire dal 1694. Il Granduca rispose dichiarando speciali giorni di devozione, ed erigendo una “colonna della fertilità” nel quartiere Cavour di Firenze, un atto che attirò il ridicolo popolare. Ferdinando non si occupò di Violante, dedicando invece le sue attenzioni al suo favorito, un veneziano castrato, Cecchino de Castris. Lo stesso anno, la granduchessa Vittoria, che un tempo aveva esercitato una grande influenza su Cosimo, morì. I suoi possedimenti allodiali, i ducati di Montefeltro e Rovere, ereditati da suo nonno, l’ultimo duca di Urbino, furono donati al figlio minore, Francesco Maria de’ Medici.
Matrimonio di Gian GastoneModifica
Cosimo fu turbato dalla questione della successione toscana dopo la morte della madre. Ferdinando era privo di figli, così come Anna Maria Luisa. Quest’ultima, che era molto stimata dal padre, propose una principessa tedesca per sposare Gian Gastone. La signora in questione, Anna Maria Franziska di Saxe-Lauenburg, erede nominale del Ducato di Saxe-Lauenburg, era estremamente ricca. Cosimo sognava ancora una volta un ramo cadetto dei Medici in terra straniera. Si sposarono il 2 luglio 1697. Gian Gastone e lei non andavano d’accordo; lui alla fine la abbandonò nel 1708.
L’alba del XVIII secoloModifica
Il XVII secolo non finì bene per il granduca: non aveva ancora nipoti, Francia e Spagna non riconoscevano il suo status reale e il duca di Lorena si dichiarava re di Gerusalemme senza alcuna opposizione. Nel maggio del 1700 Cosimo si imbarcò in un pellegrinaggio a Roma. Papa Innocenzo XII, dopo molta persuasione, creò Cosimo un Canonico di San Giovanni in Laterano, per permettergli di vedere il Volto Santo, un panno che si pensa sia stato usato da Cristo prima della sua crocifissione. Deliziato dalla calorosa accoglienza del popolo romano, Cosimo lasciò Roma con un frammento delle viscere di San Francesco Saverio.
Carlos II di Spagna morì nel novembre 1700. La sua morte, senza alcun erede apparente, portò alla guerra di successione spagnola, che coinvolse tutte le potenze europee. Cosimo riconobbe come successore di Carlo Filippo, duca d’Angiò, la cui amministrazione si rifiutò di sancire il Trattamento Reale riservato alla famiglia reale. Il Granduca, subito dopo l’alterco reale, accettò da Filippo l’investitura del feudo nominale spagnolo di Siena, confermando così il suo status di vassallo spagnolo.
Gian Gastone stava consumando denaro a ritmo sostenuto in Boemia, accumulando debiti titanici. Il granduca, allarmato, mandò il marchese Rinnuci a controllare i debiti del principe. Rinnuci ebbe l’orrore di scoprire che Jan Josef, conte di Breuner e arcivescovo di Praga, era tra i suoi creditori. Nel tentativo di salvare Gian Gastone dal naufragio, Rinnuci cercò di costringere Anna Maria Franziska a tornare a Firenze, dove Gian Gastone desiderava essere. Lei rifiutò categoricamente. Il suo confessore, sperando di trattenerla in Boemia, la deliziò con i racconti delle “avvelenate” Eleonora di Toledo e Isabella Orsini, altre consorti dei Medici.
Successione toscana e anni successiviModifica
La pietà di Cosimo non si era minimamente affievolita dalla sua gioventù. Visitava quotidianamente il convento fiorentino di San Marco. Un contemporaneo raccontava che “il granduca conosce tutti i monaci di San Marco almeno di vista…”. Questo, tuttavia, non occupava tutti i suoi sforzi: Cercava ancora di convincere Anna Maria Franziska a venire a Firenze, dove credeva che i suoi capricci sarebbero cessati. Inoltre, nel 1719, affermò che Dio gli aveva chiesto di impegnare il Granducato al “governo e al dominio assoluto del gloriosissimo San Giuseppe”
Leopoldo I, Sacro Romano Imperatore, morì nel maggio 1705. Il suo successore, Giuseppe I, prese il governo con un’esplosione di entusiasmo. Dopo la battaglia di Torino, una vittoria imperiale decisiva, l’imperatore inviò un inviato a Firenze per riscuotere i diritti feudali, che ammontavano a 300.000 dobloni, una somma esorbitante; e per costringere Cosimo a riconoscere l’arciduca Carlo come re di Spagna. Temendo un’invasione franco-olandese, Cosimo III rifiutò di riconoscere il titolo di Carlo, ma pagò una parte delle tasse.
Il Gran Principe Ferdinando era gravemente malato di sifilide; era diventato prematuramente senile, non riconoscendo nessuno che veniva a trovarlo. Cosimo si dispera. Richiese con successo l’assistenza di Papa Clemente XI con Anna Maria Franziska. Mandò l’arcivescovo di Praga a rimproverarla. Citò l’esempio di Marguerite-Louise, aggiungendo che il Papa non si preoccupava di macchinare una riconciliazione. Cosimo scrisse missive disperate all’Elettrice Palatina: “Posso dirvi ora, nel caso non siate informata, che non abbiamo denaro a Firenze…”. Aggiunge che “due o tre quarti della mia pensione sono caduti in arretrato.”
Gian Gastone arrivò in Toscana, senza la moglie, nel 1708. L’imperatore, ritenendo improbabile che nascessero eredi maschi ai Medici, si preparò ad occupare la Toscana, con il pretesto della discendenza medicea. Intimò che alla morte del Gran Principe i toscani si sarebbero ribellati al governo autocratico di Cosimo. Cosimo, in un atto di disperazione, fece rinunciare Francesco Maria, il cardinale della famiglia Medici, ai suoi voti religiosi e sposò Eleonora di Gonzaga, la figlia più giovane del duca di Guastalla in carica. Due anni dopo, Francesco Maria morì, portando con sé ogni speranza di un erede.
Senza alcun erede apparente, Cosimo contemplò il ripristino della Repubblica di Firenze. Tuttavia, questo presentava molti ostacoli. Firenze era nominalmente un feudo imperiale e Siena un feudo spagnolo. Il piano stava per essere approvato dalle potenze riunite a Geertruidenberg, quando Cosimo aggiunse bruscamente che se lui e i suoi due figli avessero preceduto l’Elettrice Palatina, questa sarebbe dovuta succedere e la repubblica sarebbe stata ripristinata dopo la sua morte. La proposta affondò, e fu infine messa in attesa dopo la morte dell’imperatore Giuseppe.
Carlo VI, Sacro Romano Imperatore, accettò un’udienza con l’Elettrice Palatina nel dicembre 1711. Egli concluse che la successione dell’Elettrice non portava alcun dilemma, ma aggiunse che doveva succedere a lei. Cosimo e lei stessa furono aborriti dalla sua risposta. Rendendosi conto di quanto fosse stato indisponente, Carlo scrisse a Firenze accettando il progetto, menzionando solo una clausola: lo stato toscano non doveva essere lasciato in eredità ai nemici della Casa d’Austria. Al culmine della guerra di successione spagnola, nei trattati di Utrecht e di Rattstatt, Cosimo non fece ricorso alle garanzie internazionali per la successione dell’Elettrice. Un’inerzia che più tardi avrebbe rimpianto.
Il Gran Principe soccombe infine alla sifilide il 30 ottobre 1713. Cosimo depositò una legge di successione al Senato, la legislatura nominale della Toscana, il 26 novembre. Il disegno di legge promulgava che se Gian Gastone avesse predeciso l’Elettrice Palatina, lei avrebbe dovuto ascendere a tutti gli stati del Granducato. Fu accolta con una standing ovation dai senatori. Carlo VI era furioso. Ribatté che il Granducato era un feudo imperiale e che solo lui aveva la prerogativa di scegliere chi dovesse succedere. Elisabetta Farnese, erede del Ducato di Parma e seconda moglie di Filippo V di Spagna, come pronipote di Margherita de’ Medici, esercitava una pretesa sulla Toscana.
Nel maggio 1716, l’imperatore assicurò all’Elettrice e al Granduca che non c’era nessun ostacolo insormontabile che impedisse la sua adesione, ma che Austria e Toscana dovevano presto raggiungere un accordo su quale casa reale dovesse succedere ai Medici. Come incentivo per accelerare la risposta di Cosimo, l’imperatore accennò al fatto che la Toscana avrebbe ottenuto avanzamenti territoriali. Nel giugno 1717 Cosimo dichiarò il suo desiderio che la casa d’Este dovesse succedere. Le promesse di Carlo VI non si materializzarono mai. Nel 1718 ripudiò la decisione di Cosimo, dichiarando inaccettabile un’unione tra Toscana e Modena (le terre estensi). Il 4 aprile 1718 l’Inghilterra, la Francia e la Repubblica Olandese (e più tardi l’Austria) scelsero Don Carlos di Spagna, il figlio maggiore di Elisabetta Farnese e Filippo V di Spagna, come erede toscano. Nel 1722 l’Elettrice non era nemmeno riconosciuta come erede, e Cosimo era ridotto a spettatore delle conferenze per il futuro della Toscana.
Johann Wilhelm, Elettore Palatino morì nel giugno 1717. Anna Maria Luisa tornò in patria nell’ottobre 1717, portando con sé vasti tesori. Cosimo creò la vedova di suo figlio maggiore, Violante di Baviera, governante di Siena per definire chiaramente la sua precedenza. Questo non impedì alle due signore di litigare, come era sua intenzione. Cosimo smise di cacciare in seguito a un incidente nel gennaio 1717. Sparò accidentalmente e uccise un uomo. Era così sconvolto che volle essere processato dai Cavalieri dell’Ordine di Santo Stefano. Lo stato del Granducato rifletteva la decadenza del suo sovrano; in una rassegna militare del 1718, l’esercito contava meno di 3000 uomini, alcuni dei quali erano infermi e avevano 70 anni. La marina era composta da tre galee e l’equipaggio da 198 persone. Nel settembre 1721, la granduchessa morì; invece di lasciare i suoi beni ai suoi figli, come prescritto dall’accordo del 1674, essi andarono alla principessa di Epinoy.
Morte ed ereditàModifica
Il 22 settembre 1723 il granduca ebbe un attacco di tremore della durata di due ore. Le sue condizioni peggiorarono costantemente. Cosimo fu assistito dal nunzio papale e dall’arcivescovo di Pisa sul suo letto di morte. Quest’ultimo dichiarò “che questo principe aveva bisogno di poca assistenza per morire bene, poiché non aveva studiato e non si era preoccupato d’altro durante il lungo corso della sua vita, se non di prepararsi alla morte”. Il 25 ottobre 1723, sei giorni prima della sua morte, il granduca Cosimo diffuse un ultimo proclama in cui comandava che la Toscana rimanesse indipendente; Anna Maria Luisa sarebbe succeduta disinvoltamente alla Toscana dopo Gian Gastone; il granduca si riserva il diritto di scegliere il suo successore, ma queste strofe furono completamente ignorate. Sei giorni dopo, alla vigilia di Ognissanti, morì. Fu sepolto nella Basilica di San Lorenzo, la necropoli medicea.
Cosimo III lasciò una Toscana tra le nazioni più povere d’Europa; l’erario vuoto e il popolo stanco del bigottismo religioso, lo stato stesso era ridotto a una fiche da gioco negli affari europei. Tra i suoi editti duraturi c’è l’istituzione della regione vinicola del Chianti. Gian Gastone abrogò le leggi di Cosimo sulla persecuzione degli ebrei e allentò le tariffe e le dogane. L’incapacità di Cosimo di sostenere l’indipendenza della Toscana portò alla successione della casa di Lorena alla morte di Gian Gastone nel 1737.