Doge

Il Doge di Venezia, illustrato nel manoscritto “Théâtre de tous les peuples et nations de la terre avec leurs habits et ornemens divers, tant anciens que modernes, diligemment depeints au naturel”. Dipinto da Lucas d’Heere nella seconda metà del XVI secolo. Conservato dalla Biblioteca Universitaria di Gand.

Il titolo di doge era usato per il capo di stato eletto in un certo numero di “repubbliche coronate” italiane. Le due repubbliche più conosciute erano Venezia (dove in veneziano era chiamato doxe) e Genova (dove era chiamato dûxe) che rivaleggiavano tra loro, e con le altre grandi potenze regionali, costruendo le loro storiche città-stato in imperi marittimi, commerciali e territoriali. Altre repubbliche italiane ad avere dei dogi furono Amalfi e la piccola città di Senarica.

In diversi suoi scritti, Theodor Herzl, il fondatore del sionismo, propose che il futuro Stato ebraico prendesse il titolo di “Doge” per il suo capo di stato – ma questo non fu ripreso dall’attuale stato di Israele.

SelezioneModifica

Dopo il 1172 l’elezione del doge veneziano fu affidata a un comitato di quaranta persone, scelte da quattro uomini selezionati dal Gran Consiglio di Venezia, a sua volta nominato ogni anno da dodici persone. Dopo uno stallo nell’elezione del 1229, il numero degli elettori fu aumentato da quaranta a quarantuno. Nuovi regolamenti per le elezioni del doge introdotti nel 1268 rimasero in vigore fino alla fine della repubblica nel 1797. Il loro obiettivo era quello di ridurre al minimo, per quanto possibile, l’influenza delle singole grandi famiglie, e questo fu realizzato attraverso un complesso meccanismo elettivo. Trenta membri del Gran Consiglio, scelti a sorte, furono ridotti a nove; i nove scelsero quaranta e i quaranta furono ridotti a dodici, che scelsero venticinque. I venticinque furono ridotti a nove e i nove elessero quarantacinque. Poi i quarantacinque furono nuovamente ridotti a undici, e gli undici scelsero infine i quarantuno che elessero effettivamente il doge. Nessuno poteva essere eletto se non con almeno venticinque voti su quarantuno, nove voti su undici o dodici, o sette voti su nove elettori.

In principio il doge di Genova era eletto senza restrizioni e a suffragio popolare. In seguito alle riforme del 1528, i plebei furono dichiarati ineleggibili, e la nomina del doge fu affidata ai membri del Gran Consiglio.

Durata della carica e restrizioni del potereModifica

A Venezia, i dogi normalmente governavano a vita, anche se alcuni furono rimossi con la forza dalla carica. Mentre all’inizio i dogi avevano un grande potere temporale, dopo il 1268, il doge era costantemente sotto stretta sorveglianza: doveva aspettare la presenza di altri funzionari prima di aprire i dispacci dalle potenze straniere; non gli era permesso possedere alcuna proprietà in terra straniera. Dopo la morte di un doge, una commissione di inquisitori giudicava i suoi atti, e il suo patrimonio era passibile di una multa per ogni male scoperto. Il reddito ufficiale del doge non fu mai grande, e fin dai primi tempi i titolari della carica rimasero impegnati in imprese commerciali.

In origine, i dogi genovesi erano in carica a vita nel cosiddetto “dogato perpetuo”; ma dopo la riforma effettuata da Andrea Doria nel 1528 il termine della sua carica fu ridotto a due anni. La casta dominante di Genova li legava a comitati esecutivi, li manteneva con un piccolo budget, e li teneva separati dalle entrate comunali tenute alla Casa di San Giorgio.

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