Genealogia

Tradizione orale e fonti bibliche

Nei primi tempi della civiltà, prima che si facesse la documentazione scritta, le tradizioni orali erano necessariamente importanti. Senza l’arte della scrittura, ci si doveva affidare alla memoria, aiutata eventualmente da sistemi mnemonici come quello dei nodi usati dai peruviani pre-ispanici, o le perline usate dai Maori della Nuova Zelanda. L’antico sennachy scozzese, o bardo reale, poteva recitare il pedigree dei vecchi re scozzesi all’inaugurazione di questi ultimi, e i nobili del Perù, che vantavano una discendenza comune con il sovrano, erano in grado di conservare i loro pedigree nonostante la complessità derivante dalla pratica della poligamia. La trasmissione orale delle informazioni genealogiche è quasi sempre sotto forma di lista di nomi – le stirpi degli antichi re irlandesi, per esempio. Eventi di grande importanza sono occasionalmente incorporati in tali liste.

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Numerose genealogie asiatiche appaiono nella Bibbia. Un esame sommario di queste rivelerà che appartengono alla prima e alla seconda fase della storia della genealogia, come descritto sopra. La tenuta sistematica di registri genealogici, come in Europa dal 1500, non si è verificata fino a tempi molto recenti in Asia e in Africa.

Nell’India meridionale la casa regnante dei maharaja di Travancore sosteneva di tracciare la sua discendenza, diretta e ininterrotta, dai vecchi re Cera dell’India meridionale (indicati come sovrani indipendenti in uno degli editti di Ashoka, il grande imperatore Mauryan del III secolo a.C.). Un’affermazione che iscrizioni dei sovrani di Travancore sono state trovate dal 9° secolo a.C. proviene da una dichiarazione rilasciata dalla segreteria del maharaja di Travancore. La sua affidabilità può essere giudicata insieme alle genealogie dei principi dell’India settentrionale mostrate nel monumentale lavoro del tenente colonnello James Tod, Annali e antichità del Rajasthan (1829, ripubblicato nel 1950). Riferendosi ai lignaggi dei principi indiani come conosciuti fin dai primi secoli a.C., Tod scrisse: “Se, dopo tutto, queste sono genealogie fabbricate delle antiche famiglie dell’India, la fabbricazione è di antica data, e sono tutto ciò che essi stessi sanno sull’argomento”. Le lunghissime genealogie asiatiche iniziano come pedigree orali e sono state successivamente scritte, ma riguardano solo principi o grandi persone.

In Africa l’unico caso di rivendicazione di una lunghissima discendenza, quella dell’imperatore d’Etiopia, presenta una somiglianza con le genealogie Rajput di Tod. Si dice che l’imperatore discenda dal matrimonio del re Salomone con la regina di Saba. La tradizione è stata scritta più di 15 secoli fa; è quindi più antica della storia della maggior parte delle monarchie europee, ma non può, ovviamente, essere corroborata da prove documentali.

Sotto l’influenza europea, alcuni paesi asiatici hanno adottato la pratica di tenere registri sistematici per tutti i cittadini. In Cina, con il suo antico sistema di culto degli antenati, non sono sconosciuti lunghi e lunghi pedigree, comprese le rivendicazioni di discendenza da Confucio. La creazione della Repubblica cinese nel 1911 ha portato con sé la registrazione delle statistiche vitali.

Nel Giappone moderno, la registrazione delle statistiche vitali è regolata dalla legge. La legge sulla registrazione della famiglia del 1947, e le promulgazioni successive, richiedono una registrazione completa di un cittadino giapponese dalla sua nascita alla sua morte. Tali informazioni, tuttavia, sono conservate negli uffici di registrazione locali, e non c’è un sistema in Giappone per raccogliere, registrare e conservare le informazioni in un luogo centrale (anche se naturalmente i risultati delle statistiche, come il numero di nascite, è noto all’autorità centrale). Un sistema di registrazione così preciso copre solo l’epoca del Giappone moderno. L’attuale pedigree degli imperatori giapponesi ha un’origine divina; è principalmente una serie di nomi, facilmente recitati e memorizzati, mescolati a leggende semifabbricate e scritti per la prima volta nei primi secoli dell’era comune. Riguarda solo persone esaltate, reali o nobili.

Nella Bibbia ci sono molte genealogie, il cui scopo è di mostrare la discendenza da Adamo, Noè e Abramo. Quando queste genealogie entrarono a far parte delle scritture ebraiche, il concetto di purezza razziale aveva rafforzato la tenuta dei registri familiari. Le genealogie di Gesù Cristo nel Nuovo Testamento mirano a mostrare la sua discendenza da Davide, quella del Vangelo di San Luca risale fino ad Adamo, “che era il figlio di Dio”. L’idea dell’origine divina si rifletteva ovunque in una forma selvaggiamente politeistica tra i gentili. Quasi senza eccezione, gli eroi le cui genealogie erano recitate dai bardi avevano la loro paternità attribuita agli dei, o a persone come Romolo che erano considerate come diventate divine. Le favole greche abbondano di storie di grandi uomini generati da dei e mortali.

Nelle genealogie romane gli eroi discendevano sempre dagli dei. Giulio Cesare, per esempio, si supponeva che fosse scaturito dalla linea di Enea, e quindi da quella di Venere. Tra i romani, le tradizioni di discendenza rimanevano vaghe anche quando erano scritte. L’assassino di Cesare, Bruto, era popolarmente supposto essere della stessa famiglia di un antico Bruto, che aveva espulso i Tarquini, ma nessun pedigree sembra essere esistito per comprovare la credenza.

Tra le nazioni del nord che hanno sopraffatto l’impero romano occidentale, la credenza nella filiazione divina era generale. Per i governanti sassoni dei regni inglesi era necessario discendere dal dio Woden.

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